PROCESSO A CAVOUR
Categorie: 2010 - 2015-
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Il conte Camillo Benso di Cavour è messo alla sbarra per aver con colpevole leggerezza favorito o quanto meno non impedito l’unificazione di un paese che non possedeva i requisiti politici, etnici, culturali per affrontare responsabilmente un tale profonda modificazione. Colpevole di aver scritto in una lettera a Rattazzi “L’unità d’Italia? una corbelleria: ma ogni tanto la storia fa delle corbellerie”. Secondo qualcuno il Risorgimento fu addirittura il suo soliloquio.
Ma è così? L’accusa concentrerà la sua requisitoria su tre punti portanti e importanti anche per la collocazione geografica nonché per i momenti in cui i fatti contestati si svolsero:
– Milano e Venezia: Cosa furono le cinque giornate di Milano, un ‘diavolezzo’ come lo chiamò Cattaneo? Oppure la dimostrazione della volontà di un popolo? Quanto meno della sua élite? E la resistenza accanita di Venezia – gli atti di eroismo che spinsero il maresciallo Radetzky a presentare le armi agli insorti dopo la conquista della città, che cosa rappresentò?
– La questione meridionale: L’accusa sosterrà che aver riunito alla corona sabauda un Mezzogiorno di cui si ignorava tutto, fu gesto sconsiderato. Produrrà le lettere degli ufficiali piemontesi piene di sorpresa di fronte alla condizioni di vita di quelle popolazioni, i rapporti sgomenti al Parlamento del Regno – e la spedizione di Garibaldi, detta dei Mille, che cosa fu se non un atto d’aggressione nei confronti di un Regno legittimo in clamorosa violazione al diritto delle genti, come allora si diceva?
– La questione romana. Aver sottratto Roma al Papa non fu anch’esso gesto sconsiderato dal punto di vista religioso ma anche civile e politico? L’accusa esibirà le lettere, le suppliche di Pio IX ai regnanti d’ Europa già durante l’esilio a Gaeta nei mesi febbrili della repubblica romana del 1849. Lo sconcerto, il dolore, l’ira dell’uomo e del pontefice.
– Come ribatterà Cavour? Le accuse sono pesanti ma la sua difesa dispone di ottime frecce. I richiami saranno alla storia culturale, alla lingua, alle aspirazioni profonde quanto meno delle élite, al sogno lungamente delineato fin dal XIII secolo con Dante, Guicciardini e poi Machiavelli. Ma avranno peso anche le ragioni economiche: quei piccoli regni erano già allora esigui rispetto alle potenzialità del nascente capitalismo europeo. Lasciati a se stessi avrebbero finito per soffocare. E che cosa dire delle tremende condizioni di arretratezza in cui l’amministrazione pontificia aveva tenuto per secoli la popolazione di Roma? G.G. Belli ne ha dato una descrizione terribilmente efficace.
In scena: Tre attori, due uomini e una donna: l’accusa, Cavour che si difenderà da solo e…l’Italia. Una giovane e brava attrice, rivestita dal tricolore come nei varietà di una volta, interromperà di tanto in tanto i due contendenti per prendere lei la parola in prima persona: voi state raccontando la mia vita, dirà, dovete ascoltare la mia versione della storia.
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