ANPI Casalgrande
Categorie: 2020-
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Estratto dal libro “La Resistenza nella V Zona “
di Bruno Lorenzelli, Federico Franzoni e Anna Lucenti
“A Casalgrande, altro comune conquistato dai socialisti nelle elezioni del 1920, si fecero ripetuti tentativi, a partire dal 1921, per costringere l’Amministrazione socialista a cedere (ai fascisti ndr.); fu bastonato per ben due volte il sindaco Umberto Farri e furono compiute le solite violenze nel paese e nei dintorni. Nel maggio 1922 venne assalito il municipio per cercare di impedire che si tenesse una riunione del Consiglio Comunale; in quell’occasione,fatto piuttosto insolito e raro, l’attacco fascista fu sventato dall’intervento dei carabinieri, sollecitata dalla cittadinanza. Ma il 4 agosto successivo gli squadristi, che avevano attaccato Scandiano due giorni prima, giunti a Casalgrande, invasero la sede del Municipio durante la seduta consiliare. Il Sindaco Farri rigettò la richiesta; ribadì la determinazione di proseguire nell’incarico ricevuto dal voto popolare e indicò nella violenza fascista contro i consiglieri l’unica causa della paralisi del Consiglio Comunale. La sala del Consiglio fu abbandonata solo quando il prefetto nominò il commissario prefettizio nella persona del dott.prof. Umberto Lari.”
“In questo clima gli antifascisti più attivi diedero vita ai primi nuclei di resistenza riunendo tutti coloro che volevano lottare per la pace, la libertà e la giustizia.”
Nel 1940 si entrerà in guerra, al fianco della Germania nazista. Seguiranno gli anni orrorifici della Seconda Guerra Mondiale, durante i quali la Resistenza continuerà con sempre maggior vigore la propria lotta contro il fascismo sul nostro territorio.
” Casalgrande fu liberata verso le 21 del 23 aprile 1945. Non ebbe danni e il C.L.N (Comitati di Liberazione Nazionale,ndr) entrò in Comune alla stessa ora. Anche qui, come negli altri comuni, la popolazione accolse i partigiani con vivi applausi e grande entusiasmo. Gli incarichi dell’Amministrazione furono affidati a: Farri Umberto (PSI), Sindaco; Ferretti Gino (PCI), Monti Fernando (DC), pro sindaci; Mammi Giovanni (PSI), Ferrari Marco(PCI), assessori.”
“La liberazione era la meta, voleva dire la fine delle atrocità della guerra e ognuno pensava soggettivamente all’inizio di un altro modo di vivere. Il pensiero di non avere più il pensiero dei bombardamenti,dei rastrellamenti e delle rappresaglie dava a ciascuno un senso di gioia e volontà di vivere. Era stato un passaggio improvviso e traumatico,ciascuno voleva fuggiere dalle difficoltà quotidiane per immergersi nella bellezza degli ideali sognati e per i quali si era combattuto e si erano sofferti tanti dolori e disagi. Tutti volevano dimostrare la loro gioia ed anche la loro solidarietà. Ma ben presto, fu questione di pochi giorni, i gravi problemi e i disagi costringevano a ripiombare nella realtà. Mancava il lavoro,mancavano i mezzi di trasporto,anche la semplice bicicletta; mancava l’energia elettrica, mancava tutto. Ovunque si rivolgeva lo sguardo,si vedevano macerie o incuria. Ma c’era ormai la pace. In ogni frazione si pensava come ricostruire e organizzare la cooperativa;si facevano mille progetti per ricostruire in fretta. Ognuno ritornava alla propria casa: militari sbandati, famiglie sfollate, partigiani,ma gli alloggi non erano sufficienti. L’autorità comunale doveva requisire case ed imporre la coabitazione.
Il problema dell’alimentazione era tragico anche se ciascuno aveva imparato ad arrangiarsi come poteva; non c’era l’olio e si era imparato a fare in casa il surrogato, emulsionando grassi di cavallo o sego di bovini sciolti a bagnomaria: serviva per condire le verdure; non c’era sapone,ma si raccoglievano tutti gli scarti di grassi e, con la soda caustica, si fabbricava in casa; si sottraeva un po’ di lana al materasso o si trovava lana di pecora e si filava in casa per confezionare gli indumenti invernali; c’era chi aveva imparato a conciare le pelli per risuolare le scarpe e chi faceva suole in legno.
Sembrava di essere ritornati al tempo dell’economia feudale, quando tutto si doveva fare in casa.”
“La disoccupazione, la penuria di tutto ciò che occorreva per sopravvivere e lavorare era tragica. Il quadro della situazione era talmente disastroso che solo una grande fede nell’avvenire poteva dare la forza di mettere mano alla ricostruzione”.
E ci riuscimmo.
Come si sarebbero comportati i nostri cari partigiani se si fossero trovati nella situazione che stiamo affrontando ora,75 anni dopo? Sarebbero stati senza alcun dubbio in prima linea ad aiutare chiunque ne avesse bisogno perchè i nostri partigiani, all’epoca della Grande Guerra, hanno dato tutto,anche le loro giovani vite, per liberare l’Italia dall’orrore nazifascista e,in seguito,ad aiutare a ricostruire quell’Italia democratica nella quale viviamo. A noi il compito di vigilare attentamente affinché quei piccoli ma ridondanti focolai di neofascismo che ancora oggi, dopo tanti anni, tentano ancora di rinvigorirsi, non crescano troppo.
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